Molto fugge, è un tempo affamato quello che viviamo. Sempre più m’impegno nel fermarmi, nel procedere lenta. Ed è come quando ci si trova in autostrada e si viene sorpassati da tanti. All’inizio può essere frustrante, ci si mortifica, vien da chiedersi se la propria auto manca di qualcosa o se a mancare è la grinta o la capacità di te che stai alla guida. Per me la fortuna è sempre stata quella di avere curiosità per ciò che sta intorno, per la luce delle cose, per il suono delle cose. Passo interi tragitti attenta al variare della vibrazione dei pneumatici sull’asfalto, tanto per dirne una che è vera e concreta. Oppure cammino scalza sintonizzandomi su quale punto della pianta del piede poggio con più frequenza questo mio peso. Cose così. Normale, poi, ritrovarsi ad osservare anche quando non se ne avrebbe voglia, ad ascoltare ciò che non viene espresso. E ci si trova sfasati, spesso fuori tempo. Le parole perdono identità, diventano appena somiglianti al loro significato, nulla più. Mentre le esprimo, nel mio tempo, chi ascolta è da un’altra parte. Se mi sposto, cambiano suono. Se resto ferma, non sono udite. E così finisce che ritrovo la mia voce che parla in un altro giro, con colui che ascolta quando a non esserci sono io.
Per questo mi siedo, faccio silenzio. Ci sarà pure un modo di incontrarsi in questo tempo feroce.
nulla da dire, nulla da fare, nulla da capire, solo accettare. sedere, accettare e accettarsi.
abbacio
accettare…pare derivi dal latino…dalla parola accogliere. siam sempre lì, Lu’. siam sempre alla capacità di accogliere o meno, ad arrovellarci su questo, ad impegnarci forsennatamente ad accogliere col disperato bisogno di sentirci accolti.
sedersi è una buona cosa. una pausa che funziona. una zattera in mezzo al mare.
(riprendi a scrivere…su…)
Talvolta l’accettazione è forza, almeno io la vedo così 😉
lo è sempre e senz’altro Ale, hai proprio ragione!
non sempre riesco a farlo, ecco 😉