Esco dal lavoro e mi infilo in auto, cinque minuti nel traffico e sono già alle porte della città. Le spalle sono stanche, la testa pare senza pensieri, silenziosa. La spossatezza pare rendermi molle, informe. Niente meditazione questa sera, ho sognato il rientro sin da quando stamattina ho lasciato casa. Mi piace questa strada tra gli olivi che lenta mi conduce via, la conosco a memoria, potrei farla ad occhi chiusi. Ed ecco il viottolo a destra, che si tuffa nella valle e m’inghiotte nel buio ancora più buio per il costone che protegge anche dalle luci di città. Rallento ancora, ho bisogno di andar piano da un po’ di tempo a questa parte. Mi fermo al cancello, i lampioncini si illuminano, entro e parcheggio. Poggio borsa e telefonino, spengo le luci e ritorno fuori. Amo guardare nel buio, se non c’è luce a disturbare, l’occhio si abitua subito e pare vedere più del dovuto. La campagna è quieta e silenziosa. Cammino lentamente, mi concentro sullo scricchiolio del ghiaino sotto gli stivali, mi pare una certezza di non poca cosa, qui, ora, il fresco umido sul viso, le mani a pugno dentro le tasche del capotto, il piede che poggia, il selciato risponde. Finalmente mi rilasso, il respiro sprofonda nel ventre. Ascolto le foglie, i piccoli rumori, uno sguardo a qualche luce della città lontana, piccoli lumi nel blu. Infine inciampo in uno sguardo al cielo. Mi fermo a testa in su. Attraverso i rami nudi dei susini, è una sera limpida di stelle. Il piccolo albero di mimose in fiore, pare ricamare l’aria con le sue ombre. Mi stupisce sempre la bellezza della sera, la pace delle cose amate, come se ogni volta fosse la prima volta che guardo, ascolto, assorbo.
Mi appartengono molte mancanze. Ma non manco mai se mi si guarda. Nel tempo ho però imparato a non impazzire per esser perfetta e buona e brava e amabile per richiamare l’attenzione, per fermare una carezza. Se qualcuno o qualcosa muove dei passi per allontanarsi, non rincorro e neppure rallento…mi fermo.
La campagna, la sera, questo cielo…dio che cielo questa sera…sembrano dirmi: siamo qui, siamo qui da sempre, per sempre. Sei tu che se corri, se ti agiti, non ci sei. Se non ci sei, non ti vedi.
E io mi vedo, e mi son fermata. E sono stata colta da bellezza. Qui, ora, nella campagna, di sera, sola, sotto un cielo di stelle, con le mani ficcate nel fondo delle tasche, con i brividi dell’umido per la schiena, i pensieri d’improvviso silenziosi.
E potrei morire di cose come questa.
(anche di molto altro. d’amore, per esempio. e di far l’amore, altro esempio. di litigare e poi ridere. di ridere e mandarsi a quel paese. di tanto, potrei morire. mai dell’assenza. non potrei mai morire di quel che non c’è.)
Intanto, nel giro di un paio d’ore, è scoppiata una bufera di vento e tuoni. Ci sarà un perché 🙂
Davvero bello il tuo post! Essere colti dalla bellezza è un’esperienza stupenda… e fermarsi apre porte inaspettate…
Un abbraccio,
Chiara
Son sempre andata così di corsa, inseguendo…e ora mi ritrovo a scoprire che bastava fermarsi, che basta fermarsi…ed è meraviglia.
Grazie Chiara, so che sai di che parlo 🙂
Dal titolo già sapevo che mi sarebbe piaciuto.
E’ così è stato…
Così autentico, vero. Si potrebbe morire per questi momenti così pieni, unici…quasi.
Buon domani…
Gocce e (di) Sguardi…
.marta
Autentico..sì, hai colto giusto, scritto appena rientrata a casa, per fermare le sensazioni.
Grazie Marta, grazie dei tuoi passaggi qui, impreziosisci 🙂
E’ come leggere una poesia, ma in prosa. Mi rispecchia moltissimo! Complimenti davvero, mi trasmette tanta emozione 🙂
Mi hai fatto un complimento strepitoso, dico sempre che non è necessario scrivere in versi per raccontare poesia…e sentire che è quello che ho trasmesso…wow…non mi dispiace affatto! Grazie Goccia 🙂
Se non ci si capisce tra gocce.. 😀
Bellissimo, come una fotografia. Quante volte mi trovo in situazioni tali: il sublime colpisce sempre le anime sensibili.
Se piace, è perché fa risuonare corde presenti in chi legge. Il cogliere la bellezza nasce sempre da noi stessi 🙂